La parrucca di Sanson

Più un’esecuzione che una riforma

È calata improvvisamente un silenzio mediatico sulla riforma del Senato quasi fosse un argomento di minore rilevanza a fronte della sensazionale visita del pontefice negli Stati uniti d’America o l’improvvisa deficienza tedesca per le regole da rispettare, senza contare l’allarme costante sul fronte migratorie. Possibile che dopo il ricompattamento del partito democratico non ci si preoccupi più di quello che appare ormai solo più un esito scontato, a cui gli emendamenti del senatore Calderoli possono solo fare un baffo. La costituzione della Repubblica verrà modificata così, in sordina, con una maggioranza tirata per i capelli, e una opposizione guascona che per la verità ha poco di che protestare. Ha ragione Verdini: Forza Italia aveva dato il via libera a Renzi con il patto del Nazareno. Quando Berlusconi si è accorto di aver sbagliato, ahilui era troppo tardi. Un clima di rassegnazione generale, il cui epilogo viene siglato con la dichiarazione degli esponenti del governo, per cui, essendo 70 anni che si discute di riforma, tanto vale farne in fretta una, qualsiasi essa sia. Ed ecco così una delle peggiori riforme della Costituzione che si potesse fare, tanto che ancora non si è capito con quale meccanismo astruso si intendono eleggere i senatori, per soddisfare insieme posizioni divaricanti come quelle di Renzi e Bersani. La minoranza Pd, in cuor suo, sempre che abbia un cuore, perché ci sarebbe da dubitarne, sa di averla fatta grossa. Ha ceduto il punto se non per salvare la legislatura, per lo meno, per salvare l’unità formale del partito. Meglio allora far scendere i toni. Ad anestetizzare la coscienza democratica di un paese come il nostro ci vuole più poco. È bastato convincerlo che con una nuova legge elettorale, quella maggioritaria, si sarebbe cambiato tutto. Avrebbe dovuto assicurare la stabilita necessaria, quando dal 1996 ad oggi ha prodotto in ogni legislatura almeno due quando non tre governi diversi rispetto a quello eletto. Cosa dovrebbe garantire ora la riforma del Senato davvero non si capisce, ma non ha importanza. Bisogna mettere altra carne al fuoco e lasciare che il fumo avvolga tutto. Per questo stridono e molto, le parole del presidente del Senato Grasso che dopo una settimana piuttosto tesa con il governo ha respinto la richiesta di chiudere entro l’otto ottobre il dibattito in aula e votare. Grasso, vuole almeno che si discuta fino al 13 e per spiegare questa necessità di articolazione dialettica, avrebbe potuto pur sostenere mille argomenti convincenti. Invece ne ha usato uno solo e piuttosto estremo. “Non sarò il boia della Costituzione”, ha detto la seconda carica dello Stato. Il presidente Grasso non avrà assimilato il linguaggio felpato della politica, ma mai parla sproposito. Per cui ha detto con chiarezza che quanto si sta consumando, non è una riforma, ma un’esecuzione. Se allora si tratta di compierla materialmente, il presidente Grasso non ha nessuna intenzione di indossare la parrucca di un Sanson. La indossi pure qualcun altro.

Roma, 25 settembre 2015